Crescere un bambino per crescere noi stessi

Qualcuno li chiama ancora capricci, oggi va per la maggiore il termine crisi emotive. Diciamolo come ci pare, fatto sta che talvolta i nostri bambini/e ci fanno veramente saltare i nervi. Siamo impreparati di fronte a certe manifestazioni emotive che sembrano avvenire proprio nel momento meno adatto, ma l’emozione ha sempre un suo scopo, come afferma la psicoterapeuta Isabelle Filliozat, esperta di genitorialità, nel libro “Le emozioni dei bambini” (Ed. Piemme, coll. Pickwick.Wellness, 2019).

Iniziamo dal dire che saper ascoltare l’emozione del vostro bambino/a e rispettarla significa rispettare vostro figlio/a come persona e permettergli quindi di sentire chi è. Vi sembra poco, in un mondo in cui sempre più adolescenti (e, forse, anche gli adulti) faticano a trovare la propria identità e a prendere decisioni senza seguire la massa? Riflettete sulla potenza di questa cosa: sentire la propria emozione nel corpo significa conoscere i propri limiti, capacità, gusti. Ovvero distinguersi dagli altri, trovare sé stessi. Come genitori, le emozioni che arrivano possiamo solo accoglierle per quello che sono, senza delegittimarle o banalizzarle, o far pensare a nostro figlio/a che i suoi impulsi più forti possano deluderci incrinare la relazione con noi.

Le emozioni, anche quelle che ci spaventano, sono a dire il vero messaggi molto importanti che i bambini/e ci mandano: dietro ogni emozione c’è un bisogno nascosto. Il loro, ma soprattutto il nostro. Infatti, per riuscire ad ascoltare davvero i bisogni delle nostre bambine e bambini, abbiamo bisogno di fermarci un attimo e chiarire la nostra storia personale, per capire la realtà di oggi senza proiettarvi il nostro passato. Vale a dire, non possiamo ascoltare i bisogni di nostra figlia o figlio se non sgomberiamo il campo dai nostri bisogni insoddisfatti. I bisogni più difficili da controllare sono quelli che derivano dalla nostra infanzia. I figli arrivano al mondo per trasformarci. Hanno tutti un piccolo zaino sulle spalle, che non è il loro. è il nostro zaino, dove sono contenute tutte le cose che ci rifiutiamo di vedere. Ci sono le nostre ombre, le nostre paure, le emozioni represse. E le bambine e i bambini, ogni tanto, da quello zaino tirano fuori qualcosa, come a ricordarci che possiamo farcela, che possiamo evolvere come esseri umani. Vista così, ci stanno facendo un bel favore!

Facile a dirsi, ma nel concreto come si fa, quando nostro figlio/a si trova nel bel mezzo di una crisi (e noi anche)?

Nel libro l’autrice parla di una bambina che dopo le vacanze scolastiche piange perché non vuole tornare a scuola, dice che non ha nessuna compagna. La mamma ribadisce che invece ha un sacco di amiche, ma la bambina è irremovibile. La verità (e la mamma lo scopre con un po’ di introspezione) è che la bambina sta parlando di sua mamma: è la mamma a non avere amiche, anche se davanti alla figlia ha sempre banalizzato la questione come se non le importasse avere compagnia. Durante le vacanze scolastiche la bambina ha visto ridere sua mamma, l’ha vista divertirsi, e non vuole lasciarla nuovamente da sola, vuole farle compagnia.

Nonostante questo sia un utile spunto per guardarci dentro, come genitori, nessun esperto ha la ricetta per insegnarci a gestire la potenza di questi messaggi così preziosi che i bambini/e ci mandano. Non siamo qui per dirvi di prenderlo come un utile esercizio, un’avventura relazionale: siamo onesti, chi e che davvero riesce a rimanere calmo come un monaco tibetano di fronte a una crisi coi fiocchi, dicendosi “ma guarda che fantastica occasione mi sta dando mio figlio per esplorare i miei bisogni insoddisfatti e le mie emozioni bloccate?”. Però, fatto sta, che così funzioniamo, noi esseri umani.

Forse, qualcosa di concreto possiamo farlo, dice Isabelle Filliozat. Possiamo imparare a fidarci di noi stessi. A stare nell’ascolto di noi, a cui i bambini/e ci riportano con le loro crisi emotive.

Quando non vogliono vestirsi, stiamo facendo tardi, ed hanno l’ennesima crisi emotiva…chiediamoci: “che cosa ha più valore per me?”. Se rispondiamo “il suo amore e la sua fiducia in me”, proteggeremo questo amore e questa fiducia. Se invece, anche inconsciamente, vogliamo proteggere una certa immagine di noi, o la nostra tranquillità, le nostre reazioni saranno diverse e il piccolo/a se ne accorgerà, per quanto tenteremo di nasconderlo.

Se vi sembra fantascienza, immaginate una bambina o un bambino che insiste perché desidera un palloncino. Non ha strettamente bisogno del palloncino, semplicemente lo vuole. Però ha bisogno di vedere rispettata e capita la sua rabbia e di esprimere la sua frustrazione.

Racconta Filliozat che una sera sua figlia voleva assolutamente un palloncino; invece di rifiutare la richiesta adducendo scuse come ‘’non ho soldi’’, oppure distraendola, Isabelle comincia a commentare con la figlia i vari personaggi disegnati sui palloncini. Il desiderio di comprare un palloncino dopo un po’ scompare (ci vuole un po’ di pazienza!). Filliozat riesce ad andare oltre al desiderio della figlia e a leggere il suo bisogno sottostante di ‘’essere vista’’, di sentirsi in contatto e condividere qualcosa con la mamma.

Ricapitolando, non ci sono capricci, ma solo emozioni e bisogni da decifrare. I loro, ma prima di tutto i nostri. È una danza, un filo invisibile di amore e fiducia che, sarete tutti d’accordo, è molto più importante di qualsiasi seccatura o ritardo durante la giornata. Noi siamo più importanti, le nostre emozioni più intime, i nostri bisogni di donne e uomini, sono più importanti. Le nostre figlie e figli non fanno altro che ricordarcelo.